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martedì 3 dicembre 2013

Dea in Trentino Alto Adige, i volti della Grande Madre


AGGIORNAMENTO MARZO 2016: LA PAGINA HA ORA CAMBIATO NOME IN "Dea nelle Dolomiti - I volti della Grande Madre".
Di strada ne abbiamo fatta: abbiamo fondato un'associazione, tra le socie fondatrici c'è Nicoletta, che vede le Dolomiti dal versante veneto. Tra i/le soci/e vi è chi viene dal Veneto, chi dal Friuli e poi anche altre regioni.
Ecco che abbiamo deciso di utilizzare un nome che non rimanesse confinato in un'unica regione ma potesse essere maggiormente inclusivo.
Grazie a chi ci vuol seguire!

Qui sotto il post originale:


Qualcuno lo sa, io vivo da qualche parte sulle montagne del Trentino.

Dove sono coloro che amano o simpatizzano per Dea, in Trentino Alto Adige? Qualcuno lo conosco, ma pochi/e, tanto pochei/e.

Eppur secondo me ci sono.
E s'ha da riconoscersi, ritrovarsi, tornare a celebrarla e a riportarne i volti nel nostro attuale mondo, nelle nostre vite.

E allora ho creato questa pagina facebook:

https://www.facebook.com/deatrentino?ref=hl

All'inizio, pensavo solo al Trentino, ma solo perchè di Alto Adige conosco molto poco, non essendo tra l'altro nemmeno nativa di questi meravigliosi luoghi.
Poi è arrivata Giordana Boscato Piccolo in soccorso che, da brava Sud Tirolese, mi ha proposto di estendere la pagina a tutta la Regione.

Spero possa fungere da antenna catalizzatrice di persone, e trasmittente di eventi idee iniziative pensieri...

E spero di ritrovarvi numerose/i....

domenica 20 ottobre 2013

Dea chiama, io ho risposto

Un piccolo anticipo del mio progetto di scrittura. Le emozioni della mia prima ufficiale dedicazione.

Non è ancora il tramonto, e già l’aria inizia a farsi pungente. E’ l’ umidità di un tardo pomeriggio inglese, nel giorno dell’equinozio d’Autunno, che inizia a sentirsi nelle ossa. Il cielo è terso e pulito, l’atmosfera è carica di emozioni e di attesa. Ci guardiamo vicendevolmente e silenziosamente negli occhi, noi, sicure e sicuri di condividere il medesimo stato d’animo, come se i nostri cuori battessero sincroni in una sessione di percussioni, e il loro suono l’unico meritevole di essere emesso.
E’ così  che varchiamo il cancello, attente a non violare quel silenzio con il rumore dei nostri passi. Tamburi che gli occhi non scorgono, incalzano da lontano il ritmo dei nostri cuori, suggerendo che il momento per cui ci siamo a lungo preparate è ora imminente.
Un ulteriore ingresso si apre e si chiude per ciascuna individualmente, con intervalli che sembrano – o forse sono - eterni. Il filo tra le mie dita ruota attorno alla bacchetta di quercia, giro, su giro, su giro, mentre il pomeriggio si fa sera e la sera presto si fa notte. Sento freddo, ma come se il mio corpo fosse distante dal centro in cui mi percepisco ora.
Allora capisco, il mio momento è arrivato. Mi alzo, cammino verso la guardiana della soglia. E’ l’ignoto che mi aspetta. E io voglio entrare.
Urla libere e selvagge, profumo di incenso, scorrere d’acqua, tamburi. Sale l’adrenalina. Non posso vedere, mi devo fidare.
Arrivano sensazioni di ricordi lontani. “Suggestione!”, prova a protestare la mia razionalità. “Forse”, le risponde il mio cuore, “ma non ho mai provato in questa vita niente di più bello”. La metto a tacere. Ora non mi serve.
Creature d’aria mi sospingono in un nuovo mondo, sussurrano al mio orecchio, mi afferrano, mi accarezzano, mi sostengono.
Mi spoglio di ciò che ero. Questo è un nuovo inizio. Non necessito dei vecchi abiti, e nemmeno di un pudore costruito culturalmente in millenni di censura del mio corpo di donna. Sono al sicuro, tra sorelle e fratelli. Libera di danzare con gli elementi.
Mi purificano spiriti d’acqua, il freddo intenso è di quelli mai sperimentati prima. O forse si, al momento del mio ingresso al mondo. Ma non lo ricordo consciamente. Questo è un altro ingresso, una nuova occasione, la conferma di un nuovo sentiero: rinasco. Il fuoco che arde dentro il mio petto cresce fino a sovrastare il tremore della mia carne; sono presente e fiera, mi ergo, come per allungarmi oltre i miei confini, per permettere ad ogni atomo del mio corpo di ricevere tanta benedizione.
Con nuovi abiti onoro il mio corpo, che riceve bellezza.
L’acqua scivola anche dentro di me, sigillando ciò che già è avvenuto all’esterno. Sono pronta per il fuoco.
Si avvicinano i tamburi, rido sonoramente. E’ una bestia selvaggia quella che si sta liberando in me? No, è la mia natura. Questa sono davvero io, nella mia potenza più genuina, risvegliata dalla vista delle fiamme che danzano alimentate dai tamburi, e pulsano. Pulsa il mio cuore, pulsano le fiamme. Pulsa ancora il mio cuore, pulsano le fiamme. Godo di questa potenza selvaggia, che si impossessa dei miei fianchi, muovendoli a tempo dinanzi al calderone della Dea Keridwen.
Le fiamme divorano ciò che sono stata, osservo la loro avidità. Divorano le mie paure,  le trasformano, rigenerano la mia essenza.
Godo del mio stato di coscienza, mentre mi preparo a onorare la terra.  Rinnovato? Alterato? Non oso cercare definizioni. Preferisco vivere ciò che sento.
Via le scarpe, voglio partecipare di questo meraviglioso concreto elemento. Cammino, i miei piedi gioiscono alla terra come al tocco di un amante, nulla temo. Sciolgo i capelli, voglio il vento a suonarli come corde d’arpa percosse da invisibili dita.
E il tempo più non esiste. Mi sento creatura nuova e creatura antica, nel medesimo istante.
Quel momento, lo sento adiacente ad altri di epoche lontane, come tante preziose perle di collana mantenute assieme dal medesimo filo.
Ora tutto è di nuovo silenzio, come silenzio era all’inizio. Le sagome degli alberi nel buio sembrano mutare, per ritornare alberi al battito delle mie ciglia. Le pietre sfumano in antiche rocce, e sento migliaia di occhi di invisibili testimoni su di noi, osservatori benevoli di quanto sta accadendo.
I mondi si toccano, i cancelli sono aperti. Le mie parole ora rompono il silenzio. Escono dalla mia anima e sono gli spiriti della terra ad afferrarle, radicarle, farle sbocciare e fiorire.
Sono parole d’amore e di impegno. Sono parole commosse e felici. Sono parole libere, semplici e per questo potenti, che varcano ogni soglia aperta mettendo in contatto la mia più profonda essenza con il Tutto che è lì ad accoglierle. Con il Tutto che è Dea.
Parole il cui eco è ancora udibile, nell’eterno momento del presente.

sabato 20 luglio 2013

Appello alle/ai viandanti verso Dea e a coloro che salgono sulla barca per Avalon





Non un solo sentiero, guida i viandanti alla vetta.

Non uno solo, il versante percorribile. Ma molti, tanti forse infiniti i cammini possibili. E altrettante le tappe.
Perché avere timore di chi semplicemente percorre il sentiero dal versante opposto? Potrebbe aver visto panorami che non riusciamo a scorgere. Potremmo incrociarci, e raccontarci reciprocamente di questi panorami che non possiamo vedere… nessuno di noi può vedere tutto. NESSUNO davvero.

E’ da molto che cerco di pubblicare questo appello, e forse eccolo, il momento buono.

Tanti sono i sentieri verso Dea, in generale. Tanti, nello specifico, i percorsi ispirati alla tradizione Avaloniana, e sempre di più se ne creano, basta guardare rapidamente i risultati di ricerca su google.
In questo accorato appello, voglio denudarmi, scoprire il mio orgoglio, nella speranza che possa tornare utile a chi, come me, desidera tendere la mano e non innalzare muri. Non più.

Non sono sempre stata così. Per cultura ed educazione ricevuta.. la mia mole di rabbia faceva in modo che il mio ego si sentisse sempre sotto attacco, sempre ferito.
Quando si è stati a lungo feriti, diciamo anche maltrattati, è ciò che accade. Dobbiamo tutti salvare la nostra dignità. La nostra identità.
Talvolta è così, che “l’altro” finisce per diventare minaccioso. Ci sembra che per il solo fatto di essere diverso da noi, questo possa rappresentare la distruzione del nostro mondo.
E anche io ci sono passata. Quanto più credevo di aver trovato un pezzo di me, a fatica, perché è una lotta, è difficile, tanto più mi accanivo contro coloro che un po’ mi somigliavano, ma non mi erano identici.
Questo perché avevo paura. Di smarrirmi, di perdere quanto avevo conquistato.
Ero io così, io “lo vedevo”, come potevano (o osavano) gli altri non vedere?
La mia autostima era così bassa, che necessitavo del controllo, del potere. Quel potere riempiva il vuoto della mia insicurezza. Se altre persone combattono contro il mio stesso “nemico”, io ho la scusa per non mettermi mai in discussione. Ecco perchè, a volte, si cerca il potere.
 L’ho conosciuto, si, ed è anche per questo che lo temo. E ora lo rifiuto. Perché quando si ha sofferto, il lavoro non finisce mai, e quasi ogni giorno mi ripeto le parole che scrivo qui, per non caderci mai di nuovo….per non rinunciare a crescere. Per non fare del male inutilmente.
“L’altro”, il “nemico”, non lo conosci davvero. Anzi, temi di conoscerlo, perché se magari scoprissi che non è poi così male, il palco cascherebbe!!!! –E’ la tradizione che seguo,  nella quale mi sono formata, davvero così male?
Non lo conosci, “l’altro”, ma ci proietti in lui cose, azioni e pensieri che sono coerenti con il ruolo che vuoi che lui ricopra. Di solito, un ruolo terribile. “Se l’altro è cattivo, se sbaglia io allora ho ragione. E io voglio aver ragione!” -Che cosa hai bisogno che “io” diventi, perché tu possa continuare a sentirti quello che desideri essere? Io non lo voglio, questo ruolo! Io non sono un pericolo per te. La mia tradizione, non è un pericolo per te.

 (scrivo in prima persona, per semplificare la comprensione)

E’ vero o no che accade questo? L’ho sperimentato, sia da una parte, che dall’altra.
MA IO CREDO DAVVERO CI SIA POSTO PER TUTTI/E. DAVVERO. C’è un altro modo di vedere le cose. Che permette a chiunque di alleggerirsi e vivere più serenamente.

In Italia, inoltre, siamo anche abituati a un pensiero “unico”. Si, ci sono quelli che fanno “le cose giuste”, e quelli che deviano.
C’è da secoli un’unica religione, quella “giusta”. E poi ci sono gli eretici, gli infedeli. E ahimè, in questo siamo cresciuti/e. Che nemmeno ce ne rendiamo conto!
C’è una dieta giusta, e poi ci sono quelli strani, i pazzi.
C’è la genitorialità giusta, e le madri snaturate.
C’è una moda giusta, e ci sono poi i fricchettoni, stravaganti, straccioni.
C’è una squadra di calcio del cuore, gli altri picchiamoli allo stadio.
Un unico modo, un unico sentiero.
C’è un partito giusto e unico. Gli altri, se ne vadano in campo di concentramento. Si, è forte, ma è la medesima logica.
In qualche modo noi Italiani abbiamo più di altri popoli questa maledizione nelle vene. Separati, appassionati, in guerra perenne. Campanilisti…
Accade anche nelle mille branchie della spiritualità.
Accade tra i mille sentieri Avaloniani che si stanno formando. Così simili, e così diversi nell’uso dei propri strumenti.
So che sarà questa la nostra sfida: imparare a rispettarci, supportarci, anche nelle rispettive differenze e nei rispettivi disaccordi.
O restare a ridicolizzarci, a fondare la nostra identità sulla differenza dall’altra tradizione, magari esibita con fierezza.


O a stabilire chi stia camminando sull’Unica Via, quella Giusta, e chi invece no. Davvero crediamo ancora all’Unica Via? A me questo si, fa paura!! Chi lo dice quale è più giusta? In base a quale obiettivo? In base a quali strumenti?

Fare a gara a chi sia più degno di esser chiamato sacerdote o sacerdotessa, impegnando più le nostre energie a criticare l’altro, piuttosto che ingentilire il mondo attorno a noi, e noi stessi/e.

Vincere tutti/e. O perdere tutti/e. Queste sono le opzioni. O davvero si crede che se uno perde in una lotta tanto assurda, l’altro vinca? Di certo, non vince il mondo, non ne guadagna il Wyrd, non vince Dea.

Cosa o chi è dunque, Dea che diciamo di amare tanto? E’ forse regina delle separazioni? Dell’esclusione? E’ forse Lei, che ci insegna che un solo cammino è possibile? O non è forse questa, una debolezza umana, che molti han conosciuto, io compresa e forse ci dobbiamo passare tutti, ma che davvero poco ha a che vedere con Dea…la quale, "poveretta", poco si interessa alle nostre beghe e alle nostre rivendicazioni identitarie. Gli dei, nelle guerre di religione fin troppo, son stati chiamati in ballo! Ma invece le guerre erano tra orgogli feriti, non tra dei. E le parole, sono le stesse… unica via (o unico dio), via più giusta, verità geniuna, falsi dei (o falsi sacerdoti?), false dottrine, eresie…. Non impariamo dalla storia? Non vediamo, che è la stessa identica minestra? Così non cambieremo nulla, e, lasciatemi dire, che occasione sprecata...

Ben altro Lei insegna. Non è l’esclusione il suo mondo. Non è il potere, non la gerarchia frutto di pensiero umano gravato da un eccesso di ideali androcentrici e patriarcali. Lei tutte/i accoglie nel suo abbraccio. C’è posto per tutte/i. Per tutti/e.

Ho ricevuto delle lettere, o delle parole, in privato nella mail o di persona. Alcune meravigliose, altre terribili, relativamente al mio percorso. Usciamo allo scoperto! Perché tanta ostilità?
Mi si diceva che forse io vivo in un gioco. Un enorme ridicolo gioco di ruolo.
Un gioco, forse, ma che io chiamo vita. E in cui credo fermamente.

Mi si è detto che sono ridicola. E assieme a me, anche coloro che chiamo fratello o sorella.
Ma io voglio chiamare fratello e sorella anche te. E faccio del mio meglio, sai, mi impegno così tanto, ogni singolo giorno, ogni azione che compio, cerco coerenza. Nel mio lavoro, nella mia famiglia, anche verso di te, che pure detesti tanto questa tradizione alla quale devo molto di ciò che sono.

Ho letto parole crude e arbitrarie, sui miei ideali e su mie presunte azioni.
Io sbaglio, come tutti sbagliamo, ma faccio anche tante cose. Mi conosci davvero a fondo? MI CONOSCI? Hai letto cosa scrivo, mi hai parlato, sei venuto a vedere come vivo a casa la mia vita, come facilito le mie cerimonie, come è allestito il mio tempio, come la gente si sente all'interno di esso, mi hai chiesto come la penso su quello che di me non ti piace? Ti sei chiesto “perché”? Per puro spirito di buffonaggine? Tanta energia, solo per “fare i fighi”? Davvero credi questo? 
L

E dietro queste cose, per te così ridicole, dietro queste idee, c’è un pensiero.

Un pensiero vuol dire che nulla è lasciato al caso.
Un pensiero significa un intento.

Un intento va indagato, conosciuto, prima che giudicato.
Se poi non piace, va bene. Fa parte dell’esser su sentieri diversi.

Ma perché mancarci di rispetto allora?
Un intento, un pensiero, costa lavoro. Costa passione. Costa sincerità e apertura di cuore.
E tutte queste cose, non sono forse meritevoli di rispetto?

Tendiamoci la mano, sorelle mie, fratelli miei. Si può non condividere un’idea, senza per questo ridicolizzare o screditare le persone che ci stanno dietro.
Scaliamo con fatica e impegno la medesima montagna. E’ dura.

Non serve a nessuno seminare mine sul sentiero. Cosa vi da, veramente? L’illusione di essere sulla via giusta?
Ma voi lo siete già. Ciascuno di noi ricercatori, lo è già. C’è una via per ogni ricercatore. Ciascuno di noi partecipa con i suoi doni all’immenso ricamo che è l’universo. Non ha senso, ricamare tutti nel medesimo punto! E col medesimo punto.. ;)

Forse il segreto sta proprio in quella parolina là. Intento.
Se il nostro intento è limpido, perché demolirci? Non siamo noi “i cattivi”, quelli che stanno distruggendo il mondo. No! Guardiamo al senso che ci accomuna, noi lo vogliamo migliorare! E migliorare noi stessi/e. Per questo siamo su questo cammino, no?
Come lo miglioriamo, se creiamo tanta bruttura lasciando agire la nostra rabbia cieca? Se cerchiamo subito la mala fede nell'altro, così, in automatico? Le azioni sono ciò che siamo. Molto più che le parole. Molto più che le immagini.
Come state voi? State davvero bene così? Io sono così stanca di guerre che non servono a nulla, non servono di sicuro a farci camminare più velocemente anzi, ci zavorrano di una tale brutta energia…
Di sicuro tutto ciò non ci rende più saggi.

Io voglio le corde del Wyrd più limpide, per questo io agisco. Non dobbiamo essere d’accordo su tutto, non serve! Dobbiamo solo rispettare la dignità dei nostri percorsi.

Mi date una mano?



sabato 13 luglio 2013

La sacralità nella gravidanza e nel parto


Non c'è evento nella mia vita, che sia eguagliabile per intensità, portata di significati nuovi, sensazioni mai provate, riflessioni profonde e consapevolezza, al mio primo parto.

Credo sia un'esperienza diversa per ogni donna, e ciascuna ha il diritto di affrontarlo come più ritiene giusto per sè. Lo voglio specificare, nel caso qualcuna si possa sentire offesa dalla mia attribuzione di significati a questo evento, nonchè dalle mie scelte su come viverlo.
Non so se è solo in Italia, ma qui particolarmente il "diverso da me" equivale a "nemico", invece probabillmente è solo che ciascuna ha una strada in cui cammina, si trova in un momento particolare nella sua evoluzione, deve tessere alcuni fili -o tralasciarne altri- per apportare il suo contributo al Grande Ricamo che è l'universo intero.

Io qui voglio parlare dei miei fili.
Sono arrivata alla mia gravidanza, dal punto di vista temporale, dopo aver comunque iniziato un mio personale percorso alla ricerca del Sacro Femminino.
Non lo sapevo, se avessi poi mai affrontato l'esperienza di metter al mondo un figlio.

Certo nel mio lavoro su/con la ruota dell'anno, ho incontrato l'aspetto della Madre, a cui avevo dato voce sino a questo momento in modo diverso dalla maternità fisica. Ho sempre saputo ripetere teoricamente le qualità energetiche di questo aspetto del Sacro Femminino, di Dea, mi sono trovata a invocarla in cerimonie, a trattarne nei miei "compiti per casa", a osservarla nella natura e nei miei progetti.

E poi è successo. E tutto quanto avevo letto, studiato, ascoltato, mi sono trovata a viverlo in me, con la portata di un torrente in piena, e questo torrente ha scavato il suo corso in modo indelebile.
Quelle che prima erano intuizioni e parole, si sono tramutate in pura consapevolezza della sacralità di questa esperienza.

La nostra cultura "salta un giro": quando si pensa alla maternità sacra, scommetto che è questo ciò che tutti vedono:

Da donna dico: questo è dopo! Moooolto dopo!
Prima c'è questo:
Tagliare fuori dalla sacralità questa esperienza, saltarla a piè pari, significa operare una grossolana amputazione.
Significa omettere una serie di forti significati ai quali pare che almeno i nostri antenati, invece, dessero grossa importanza.

Ci sono molte teorie sul perchè di questa amputazione.
Di sicuro, la conseguenza nella nostra attuale cultura è un parto ancora a volte troppo medicalizzato, una minor autostima nelle donne, un corpo vissuto solo negli aspetti erotici di questo, la convinzione di non esser in grado di partorire fisiologicamente o peggio, la totale ignoranza sul fatto che il parto abbia una dimensione fisiologica e non solo patologica....... e giù pratiche per "far partorire", talvolta davvero abominevoli come l'episiotomia di routine, mio maggior spauracchio dall'infanzia.
Per me, è sempre stata una vera e propria mutilazione genitale femminile.

Non credo che l'interpretazione di certi versi biblici abbiano aiutato.
"Alla donna disse: i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli." Genesi, cap. 3
E nemmeno il ruolo culturale attribuito alla donna in famiglia, che si è trasformato in.....moglielavoratricemadredonnadellepulizieamantecuoca ecc., credo sia stato molto d'aiuto.

Se il parto diventa una punizione (primo caso), o un dovere nei confronti dell'istituzione famiglia (secondo caso), allora mi pare di capire perchè il movimento femminista abbia rigettato l'esperienza.

Anche rispetto alla sacralità, la donna diviene nel Cristianesimo mero contenitore del divino, un... forno. Un canale attraverso cui dare alla luce Dio.

Non è più lei sacra, lei in quanto piena, nella sua autonomia, come la Luna, gravida, portatrice di un mistero che la rende non più "una", ma due e una assieme, testimone vivente dell'unità primigenia, miracolosamente ricomposta e potente (farò un post, prima o poi, sull'unità primigenia.. struggente nostalgia nell'essere umano che la ricerca, fisicamente o ritualmente, di continuo).

I miti cosmogonici di creazione "curiosamente" registrano questo passaggio di testimone, dalla madre al figlio divino.. per approfondire consiglio appassionatamente il testo di Luciana Percovich "Colei che da la vita, colei che da la forma".

E' solo grazie al mio percorso, che questi significati si sono accesi in me. Ho potuto goderne, sentirne la presenza, capire.....capire dal profondo.

E mentre il mio corpo cambiava, riportandomi ricordi di specchi adolescenziali, la sacerdotessa in me parlava di un percorso di nascita con fiducia, mentre il mio fragile aspetto sociale soffriva per i pressochè unanimi pareri contrari, svilenti; voci che riportavano echi di terrore di storie tremende accadute in parti altrettanto tremendi. Ciò veniva tanto dalle donne della mia famiglia, verso il cui atteggiamento provavo delusione e dalle quali desideravo appoggio, e anche dagli uomini (a parte il mio splendido marito), verso il cui atteggiamento provavo rabbia e dai quali mi aspettavo.... che si facessero gli affari loro nel mio diritto di riscoprire la potenza del mio corpo, così tanto a lungo ignorata. Si, mi sono sentita (e per quanto riguarda educazione e allattamento -ancora mi sento) invasa.

 Interessanti emozioni. Con radici, secondo me, molto ma molto profonde.....

E l'essere che mi abitava si nutriva di me mentre io mi nutrivo della limpidezza e pulizia della sua energia vitale; non è alla stregua di un "parassita", metafora usata dalla scienza. Avviene uno scambio.
Io tutto intorno a un'altra vita, che è parte di me e al contempo è diversa da me; i piatti della bilancia finalmente in equilibrio, la sensazione è di quelle non spiegabili con le parole, e non dimenticabili per nessuna ragione.

Ma assieme alla creazione, c'è anche la distruzione. E assieme ai pensieri di vita, comparivano via via, profondi e intensi, i pensieri (o i sogni) di morte.
"Esperienza comune", mi diceva uno psicologo, ma mai raccontata dalle altre donne nella mia vita.

Morte.
Il momento del travaglio e della nascita si colora anche di questo aspetto.
E la splendida Sheela Na Gig mi si manifesta in tutto il suo significato simbolico, di Dea della soglia, guardiana del cancello tra i mondi, sorgente di vita e di morte insieme.




Mi procuro una sua statuetta, da tenere in camera fino almeno a nascita avvenuta.
E ogni sera mi addormento in contemplazione.
Morte.
Morte di colei che sono stata sino ad ora, morte delle mie relazioni, come le ho conosciute.
Morte come possibilità, per quanto remota, insita nel dare alla luce. Mia, o della mia bimba.
Morte come evento da considerare nel mio avvenire. Cessa il mio essere ragazza, col diventare madre la giovinezza si stacca da me per esser natura della mia cucciola. Non più un mondo di infinite possibilità dinanzi a me e non più quella sensazione di essere "immortale". Sento chiaro la mia mortalità, e capisco che il tempo a mia disposizione d'ora in avanti sarebbe stato considerato....alla luce di questa ritrovata consapevolezza.
Sentivo con strana e lucida certezza, che al momento del parto sarei morta. In qualche modo. E con queste emozioni, vivevo l'attesa.

Cancello. Soglia.
Io divento soglia, scelta da un'anima per il suo incarnarsi in questo mondo.
Divento cancello, connetto due mondi. Entrambi i mondi sono nella mia natura. Io, donna, guardiana della soglia.
E partorirò una bambina, la mia maternità, la paternità di mio marito. Non più solo figlia, ora anche madre.
Soglia come iniziazione.
Il parto, come iniziazione...

Decido di andare avanti. I messaggi mi sembrano chiari, e pianifico l'esperienza che, a parer mio, più di tutte mi avrebbe permesso di vivere la sacralità del momento: il parto in casa. Nella speranza che il progetto sia condiviso anche dalla mia piccola in grembo, cosa che non sempre è scontata. Nel parto, si decide in due. Si vive in due.

Le prime doglie, leggere e vivibili, mi portano in uno stato di beata attesa, comunicandomi che il processo si era avviato. Non più timore della morte. Invece, una strana consapevolezza che sa che "è di là che si passa, che il momento è giunto".
Medito, viaggio e ascolto. All'Isola di Avalon, così tanto esplorata nel precedente anno, mi accolgono festose le sacerdotesse dei tempi antichi, competenti nell'arte della maieutica, mostrandomi anfratti e polle che ancora non avevo scorto. Mi cullano i loro canti di sirene.
Acqua, tanta acqua. Sono nella vasca, ma sono nella polla di un mondo altro.
Il mio corpo sa.

Incredibile. Mi commuove. Non lo sapevo, che il mio corpo sapesse!
Non lo vedrò mai più come prima. Forse lo rispetterò di più?

Infastidita dai violenti botti di Capodanno, che mi destano dal mio viaggio, assaporo la forza violenta delle contrazioni efficaci.
Eccola, Sheela, mi osserva un pò beffarda, un pò amiccante. "Diventa me", mi suggerisce.
Mi apro, il mio corpo si apre, il cancello si apre.
Il dolore è selvaggio, ritmico, lo seguo.
E' una cosa importante. Un compito importante. Questo dolore sembra svegliarmi con forza dal torpore di secoli di dimenticanza, sembra tanto forte quanto serve a portare alla mia coscienza la forza della mia natura.
"Svegliati, sei questo".
Ha un senso. Non è una punizione. Non è inutile. Mi pare che abbia incredibilmente senso. Deve essere una mente androcentrica e patriarcale, che ha dato alle doglie il significato di castigo divino. Una bella trovata efficace, non c'è che dire....il senso lo capisco solo provandole. Prima non immaginavo. Non immaginavo.

Il mio adorabile marito chiama la mia sacerdotessa Cristina, ostetrica formidabile, che assieme alla sacerdotessa-doula Laura rinforzeranno la voce della sacerdotessa in me, dinanzi ai momenti in cui ho titubato, in cui ho temuto di non essere più capace, di non farcela.

Selvaggia.
Questa, l'energia che si liberava da me.
Contrazioni a volte senza pausa, scossoni tellurici dalle viscere del mio corpo, io, madre antica, connessa alle madri di sempre. Le sento tutte, mi vengono i brividi, sono in me. Io, Madre Terra.
Le altre donne mie sorelle, le altre mammifere, mie sorelle. Umane e animali assieme.

Si contorce il mio stomaco una, due, tre volte.
Vomito la polvere che copriva la mia luminosità.

Non ce la faccio, sono stremata. Ce la faccio, sono potente.
Lotto.
Gradualmente arrivano le spinte.
Qualcosa accade alla mia schiena.
Un brivido netto, mi sale con forza sino al cervello, mi risuona sin nella testa. Si accende, come una luce, si, la mia schiena è luminosa.
Se esiste una Kundalini, eccola, si srotola. Da vita a qualcosa.

Mio marito, impagabile alleato, aiuta a sopportare la pressione delle spinte premendo con forza la parte bassa della mia schiena. Che forza e che aiuto possono portare gli uomini sensibili e gilanici!

E divento Dea. Riprendo la mia potenza selvaggia con una forza e una voce che non ho mai saputo o creduto di avere. Ben in contrasto, con l'idea culturale della donna debole e indifesa.
A volte crollo, non ce la faccio. Le spinte durano un'eternità, vedo l'ora e mi scoraggio.
Ce la fai.
Scatta il brivido, ritorna la forza.
Spingo e urlo per lasciarmi attraversare. La guardiana della soglia deve aprire il suo cancello.
Due ore. E si vede la testa, proprio quando mi sembra di voler mollare.
Mezz'ora ancora, la sento, passa, CHE VOCE HO! e sguscia poi in un attimo fuori una creatura, il mondo cambia all'improvviso.

Poco dopo, la placenta, bellissima, ormai inutile, per la quale provo una sorta di venerazione.
Il cancello, poco a poco, si richiude. Pulsa il cordone, che non separerò dalla creaturina, almeno per un altro pò.

Non avrei potuto provare un parto più adatto a me di questo.
L'esperienza più incredibile che abbia mai vissuto. Il dolore ripagato, per quanto in me ha guarito.
Il mio corpo ora mio complice. Ora mio. Non più involucro da stressare in forme innaturali, da considerare solo nell'estetica di presunti "difetti".
Restituire il parto sacro alle donne, potrebbe forse portare un rapporto più sereno con il corpo? Una drastica discesa dei profitti del mercato di creme e cremine anticellulite, diete svariate, prodotti dietetici?

Quanti modi ci sono, per studiare Dea.
Ci sono i libri, ci sono strumenti cerimoniali e rituali. Ci sono incontri, seminari, dibattiti.
Meditazioni, viaggi, sogni.
E c'è il proprio corpo.
Le esperienze di vita.
Credo che le antiche religioni, specie quelle cosiddette "della Madre", siano state esperienziali.
Che ci fosse un bisogno di chiunque di "vivere" la sacralità, e vivere quindi la propria religione in modo totalmente attivo.

Credo che su questo si basassero molti degli antichi misteri femminili. Il vivere un aspetto di Dea, quando era il proprio momento di viverlo.  Lo scrissi sul mio diario di viaggio a Creta, dopo aver visitato con stupore l'incredibile grotta di Ilizia (Eileithyia), luogo di iniziazione misterica per e da chissà quanti secoli...
A questo momento iniziatico, lego il concetto di conoscenza/segreto. Semplicemente, non si può davvero sapere finchè non lo si sperimenta da sè. Un'iniziazione vera e propria. Un marchio temporale oltre il quale nulla sarà come prima.
La perdita di questa connessione, di questa dimensione esperienziale, è diventata la perdita di una caratteristica dell'umano, che inevitabilmente cerca altro per colmarne il vuoto, viaggiatore senza bussola nè traccia.

E' l'immanenza del divino in ciascuno di noi.

Siamo nella cultura che ha chiuso la maternità in gabbia.
Disciplinato uno dei pochi istinti ancora rimasti in noi, così come si vuol disciplinare la potenza della Natura attraverso OGM, geoingegneria, clonazione. E ancora una volta non posso fare a meno di sentirmi connessa alla Terra, e al suo destino. Madre, Sorella, partecipo della sua natura.
Un parto che non più ci appartiene, un allattamento che non più ci appartiene, un accudimento del nostro cucciolo, che non più ci appartiene ma che deve essere regolato da teorie pseudoscientifiche, esperti che ne sanno di più, che scherniscono ogni nostro tentativo di ribellione attraverso etichette quali "frichettona, hippy, egoista, pazza, incosciente", e la lista potrebbe continuare.

La fredda presunta razionalità del positivismo, vecchio o attuale, che con arroganza guarda con sospetto a ciò che rappresenta la mia più intima verità. A ciò che sento dal profondo come "la mia natura".

Una antica leggenda aborigena narra che nel tempo di sogno, gli oggetti sacri e il didjeridoo erano custoditi dalle donne.
Ma un giorno di questo tempo, i fratelli maschi, invidiosi di tale privilegio, sottrassero con l'inganno la borsa con gli oggetti sacri e il prezioso didjeridoo, che da allora rimasero prerogativa maschile.

Eccovi il mio parto, grosso evento verso la riconquista della mia borsa sacra............




venerdì 28 giugno 2013

Sul senso di questo blog



Ho già scritto questo breve post che segue come commento in risposta a un altro mio post.
Penso di volergli dare ulteriore visibilità, perchè da esso emerge il senso che voglio dare a questo blog e ai commenti di chi lo legge.

Grazie se vorrete dedicargli 2 minuti di attenzione. Non ne richiede di più.

Grazie a tutt* per queste riflessioni (vedi "sacro femminile, oltre i paganesimi?"), e spero se ne aggiungano di nuove, o che quant* mi hanno scritto in privato trovino la voglia di condividere.
E' naturale che si possa rimanere di una diversa opinione, è naturale per noi che non desideriamo "il pensiero unico" sapere che ciascuno vede un pezzo diverso di mondo. La sua prospettiva.
Ma proprio per crescere, vedere risonanze, scoprire parti che non si stavano prendendo in considerazione, invito ad aggiungere, anzichè no.
Questo blog esiste anche per questo, ma magari occorre un post apposito per ribadirlo (eccolo!).
Le riflessioni su questi argomenti sono scarse, e credo sia importante sempre approfondire, aprire le maglie del nostro pensiero, notare o riaffermare il perchè facciamo le cose, il perchè diciamo di essere ciò che siamo! O il rischio è veramente vertere tutto sull'estetica, sull'apparenza, e sinceramente è un rischio che mi pare concreto.
Sicuro, chiunque può decidere di voler restare ciò che sente di essere, non siamo qui a convertire al "mio" pensiero!
Ma c'è anche chi, grazie a un punto di vista non considerato, potrebbe decidere di muoversi in un'altra direzione. Io stessa, lo spero. Mostratemi ciò che non vedo!
Che paura abbiamo? Non può che essere arricchente. Inoltre, ci educa al dialogo, anche tra concezioni diverse, e ci aiuta a praticare questo dialogo tra differenze. In Italia manca. Siamo troppo educati all'unica verità, all'unico pensiero. L'altro, il diverso, ci fa sentire minacciati. E combattiamo tra di noi, come se le fratture fossero incolmabili.
Per cui, non rinunciamo a dire il perchè ci muoviamo in una direzione anzichè un'altra. Il perchè ci chiamiamo con un nome anzichè un altro, o non ci chiamiamo affatto. Mettiamo tutto il nostro cibo sul tavolo, e vediamo chi desidera nutrirsi di cosa. Questo auguro a noi tutt*, camminatori/trici di qualche sentiero.

Ecco perchè ho scelto "DEAloghiamo" come nome per questo blog.
Un gioco di parole, che significa "dialogo su Dea", non si chiama "convertiamoci". Non si chiama "il grande blog di superghianda, che tutto sa e tutto insegna".
Dice piuttosto "uniamo le forze, io voglio migliorarmi". Dice "facciamolo assieme".
Dice "W il movimento, e non la stasi".
"W la creatività, e non la cancrena di concetti".
Dice "tessiamo assieme".
Dice "non mi accontento, voglio capire".

<3

sabato 18 maggio 2013

Sacro femminino: oltre i paganesimi?

Questa riflessione a seguire non ha intenti polemici di alcun genere.
Potrebbe toccare molti animi, scatenare le più diverse reazioni, eppur voglio rassicurare che queste citate presunte reazioni sono le medesime che sto vivendo in me. Ed è per pormi chiarezza, che mi sviscero e propongo a chi mi legge il mio dilemma, confidando nei commenti che ne potrebbero derivare (e che vi invito a lasciare).

Il pensiero in realtà mi sfiorò già "all'inizio" di tutto, quando diedi retta all'istinto di cercare Dea, imbattendomi in numerose correnti pagane/neopagane.

PAGANO: "abitatore di un pagus o villaggio. [...] Il nome pagus fu dato al villaggio e al distretto che stava tutt'intorno, e quello di pagani alla popolazione rurale sparsa sopra di esso, espressamente per distinguerla dai militari".

Innocua definizione etimologica. Finchè non si segue..

"Sopravvenuto il Cristianesimo, si chiamarono pagani gli idolatri (...), perchè appunto gli abitatori dei villaggi furono i più restii alle nuove credenze, e gli ultimi ad abbandonare il culto dei falsi Dei, ovvero perchè, divenuti cristiani gl'Imperatori e chiusi per ordine loro i temp(l)i degl'idoli, molti individui ancora attaccati alla religione degli avi si ritirarono nei villaggi per ivi offrire i loro sacrifizi clandestini agli antichi Dei. (www.etimo.it)

In seguito, i "pagani" vennero identificati come i "non cristiani", indiscriminatamente. Un uso dispregiativo del termine, una definizione per negativo, di praticamente una miriade di culti diversi. "i Babbani del cristianesimo"...

1. Ciò che all'epoca mi turbò, fu proprio questo definire "per negativo".
Era davvero necessario, definirmi a mia volta in questo modo nel percorrere un sentiero ispirato si al passato, ma anche tutto da scoprire nel presente?

Coloro che avevano scelto questo nome, infondo, non erano gli stessi popoli indigeni. Non chiamavano se stessi "pagani", allo stesso modo in cui gli abitanti medievali non chiamavano la loro epoca "Medioevo".

Scrive l'antropologo Maurizio Bettini nel suo magnifico libro "Elogio del politeismo - quello che possiamo imparare oggi dalle religioni antiche", edito da il Mulino:

"Usando politeismo per designare le religioni antiche siamo stati, per la verità, abbastanza rispettosi. Nei loro riguardi infatti non abbiamo mai parlato nè di "paganesimo" nè di "idolatria", espressioni che pure vengono ancora usate, nelle sedi più disparate, anche scientifiche, per designare le religioni antiche. I termini politeismo, paganesimo e idolatria posseggono per certo connotazioni diverse, ma hanno una cosa in comune: nessuno di essi sarebbe mai stato usato da un romano o da un greco per designare la propria religione. Tutte e tre queste espressioni, infatti, nascono non dall'interno, ma dall'esterno delle religioni antiche o, per meglio dire, contro di esse." (Corsivo dell'autore, bold mio)

Un confronto con un'amica, mi distolse dalla preoccupazione, focalizzando la mia attenzione sulla prima parte dell'etimo, quella innocua.
E le nuove esperienze eccitanti che si stavano affacciando sul mio cammino mi fecero accantonare temporaneamente la questione. Ho incontrato dei paganesimi davvero divertenti e arricchenti.

2. Sembra inoltre che per molti gruppi pagani attuali, l'atto fondativo della propria identità stia proprio in questa contrapposizione col cristianesimo:
"sono pagano, in quanto non cristiano", si rovescia l'attribuzione di significato positivo/negativo della polarità, ma la polarità di fatto resta.

E con essa, resta anche -paradossalmente- un legame forte col dichiarato "nemico".
Troppo forte.
Al punto che fioccano blog e interventi dove l'unico tema sembra essere la necessità di ricordare l'atavico odio, e una altrettanto paradossale rivendicazione dell'"occhio per occhio, dente per dente", paradossale proprio perchè la Legge del Taglione.....è un precetto biblico!!

Talvolta mi verrebbe da dire "ok, abbiamo capito, possiamo ora però teorizzare altro?"
L'odio diviene catena, quando lasciamo che alimenti il nostro senso di identità. L'orgoglio quasi mai porta saggezza. Quasi sempre porta fanatismo: e da una parte, e dall'altra.

Ma infondo: siamo ancora a dividere la complessità del mondo in due sole metà in rapporto antitetico? Ma chi lo portò, questo modo di ragionare? qua rischiamo di nutrirci del medesimo demone che diciamo di voler sconfiggere.........

Il problema del rancore nei confronti della mia educazione religiosa (precedente) e dell'istituzione vaticana non mi è affatto estraneo, come sa chi mi conosce bene.
E non si è certo esaurita.

Solamente che...
3. Mary Daly, teologa femminista scomparsa da poco, pare abbia tentato in ogni modo di "salvare" la figura di Cristo dai significati patriarcali (affibiati un pò per comodo-aggiungo io) in cui la stessa Chiesa la stava annegando in secoli di storia.

Allo stesso modo io, come probabilmente molti che si identificano come pagani/neopagani, credo di aver desiderato di "salvare" il paganesimo da altrettanti significati svilenti e negativi.

Mary Daly in seguito teorizzerà che "se un simbolo, un Nome, sono stati usati per opprimere, [...] non ci sono possibilità di salvarlo: le carenze sono insite nel simbolo stesso" (cit. "un vulcano nel vulcano, Mary Daly e gli spostamenti della teologia"-pag. 60).

L'imbattermi in questi concetti mi ha raggelato le viscere. Mi ci sono letta. Hanno dato voce a pensieri che non stavo verbalizzando.
La "maledizione" che mi pare ogni tanto di scorgere nel nome "paganesimo" sta non nell'opprimere nel senso in cui si esprime l'autrice citata, ma nell'impossibilità di uscire da questa lunga, pesante, eterna, immutabile faida senza vincitori, che è "pagani VS cristiani".
Come se il nome stesso fosse impregnato della continua lotta tra le due fazioni.

Sempre quotando Daly (che per chi non la conoscesse, è stata una pioniera, coraggiosa, visionaria, ribelle teorica contro il patriarcato che definisce come cultura "necrofila", si, ribelle a tal punto da aver sovvertito in toto il pensiero teologico, fino a uscire dalla Chiesa), provo una voglia crescente di lasciarmi alle spalle queste guerre, questo peso, queste brutture. Attenzione, NON DICO DIMENTICARE, questo mai.

DICO CHE HO VOGLIA CHE LA MIA IDENTITà, IL PENSIERO SU DEA, LE PRATICHE SULLA GRANDE MADRE, POSSANO VOLARE, evolvere, saltare, prendere una proporia direzione, espandersi, esplodere in un big bang creativo in ogni possibile direzione. AUTONOMA. Libera.
Recidere i legami con la Chiesa, alla quale non credo dobbiamo dimostrare proprio nulla. Tanto meno di essere più forti.

L'odio, a questo livello, ripeto, è un legame. Vincola.

4. Quanti sono i paganesimi?
Io ho perso il conto.
Se nel modo in cui propongo riflessioni su Dea, si possono sicuramente scorgere dei punti di contatto con certi aspetti di certi paganesimi, allo stesso tempo ci sono anche punti di incomprensione e di diversità.
Basta vedere quanti teorici pagani si trovano spesso a criticare aspramente il movimento "della Dea" (non di rado, a causa di una conoscenza superficiale di certi peculiari simboli), nemmeno poi in modo particolarmente simpatico.

Oltretutto, moltissime correnti autoproclamatesi neopagane o pagane omettono qualsiasi riflessione sul patriarcato, riflessione invece che personalmente non posso fare a meno che considerare prioritaria per il cammino del sacro femminino: che senso ha cercare di recuperare un femminino sacro, parlare di "Dea", se non si mettono in discussione gli strumenti con cui Dea stessa è stata oppressa e smembrata?
Ci sono paganesimi che sono l'apoteosi del machismo. Come posso conciliare una simile differenza con il mio cammino? Ha quindi senso, usare lo stesso nome?
Gerarchie e idee androcentriche sono parti integranti di alcune filosofie, e per me ciò è paradossale, perchè "non posso cambiare il gioco, se mi muovo con le medesime regole". Non so se mi spiego.

Che accadrebbe, se il "movimento della Dea" camminasse autonomamente per la propria strada? In grado quindi di essere un più ampio bacino di accoglienza di qualsiasi credo e orientamento, in grado di catalizzare coloro che si autodefiniscono pagani/neopagani, ma anche appartenenti ad altri culti/religioni/correnti spirituali, o che non si definiscono affatto... ma che in comune hanno la voglia e la necessità di camminare in tutto o in parte sul sentiero di Dea?

5. Storicamente... quanto profonde vogliamo che siano, le radici della spiritualità legata al sacro femminino?
Tutte le volte che sfoglio i testi della Gimbutas, mi pongo questa domanda.
Dalla creazione del termine "pagano" ad oggi, non è che un battito di ciglia! Potremmo scavare indietro di almeno 40000 anni.
Questa ultima riflessione, mi colpisce particolarmente.
E mi affascina assieme. Ha senso chiamarmi "pagana", quando chiamo antenate vissute in epoche distanti anni luce dal Sacro Romano Impero?

Durante il convegno "Culture Indigene di Pace" di Torino, mio marito parlava con Luciana Percovich proprio di questo tema. Si domandava proprio (e io con lui non ne avevo mai parlato!) se non fosse il caso di pensare a un salto, di svincolarsi dall'ambito del paganesimo.
Ho colto la questione, mi sono sentita scissa. Non ho parlato.Mi sono solo ascoltata. E tutta una serie di sincronicità, mi ha poi portato a scrivere questo post.

Una parte di me è grata a quelle esperienze vissute in contesti di paganesimo a cui alludevo sopra, un'altra parte invece, sempre più dominante, ha la forte intuizione che sia il caso di chiudere una porta, affinchè un portone si apra.
Preciso: non per creare un'ennesima "contrapposizione" , non per chiudermi in un'altra gabbia che dice "sono A in quanto non sono B, e nemmeno C".

Ma per una spiritualità che esista per se stessa, libera di recuperare il passato -qualsiasi-, e creare il futuro. Libera di autodefinirsi.
Senza etichette talvolta persino abusate.


venerdì 3 maggio 2013

Culture Indigene di Pace: Di-Ana invocata in cerimonia!

Ogni tanto, ritorno!

Gli impegni familiari pesano, ma in gravidanza immaginavo sarebbe stato più difficile aggiornare un blog tanto impegnativo

Nell'ultimo weekend di Aprile si è tenuto a Torino il convegno "Culture Indigene di Pace", che per questa edizione portava il sottotitolo di "Educarsi alla Partnership".

Nonostante con pupa neonata non mi sia stato possibile fare, come sempre, la parte della secchiona che prende appunti in prima fila, ho lasciato che le cose semplicemente accadessero, e sono tornata a casa con una valigia piena di nuovi spunti.

Questo è anche l'anno che ha visto Kathy Jones e Mike Jones in Italia, cosa per cui lavoro -assieme anche alle mie "colleghe" Anna, Sarah e Claudia, da anni.

Kathy e Mike hanno avuto l'incarico di officiare la cerimonia di apertura, una meravigliosa benedizione alle donne e agli uomini presenti al convegno. Oserei dire meravigliosa e toccante, almeno per me.
Kathy ci ha delegato l'apertura della Ruota, che dopo un vivace dibattito, ha avuto la connotazione di una ruota italica.

Grazie ai consigli di Luciana Percovich, di Kathy, e a un fantastico libro di Momolina Marconi reperibile quasi solamente on line (http://www.letterefilosofia.unimi.it/files/_ITA_/Filarete/005.pdf), è stato scelto di invocare Diana. Di-Ana, dai molti aspetti. Tanti aspetti. Così tanti, che non aspettavo nemmeno io di incontrare una Dea tanto completa, a dimostrazione che c'è sempre da imparare.
Ho dovuto cestinare i miei pre-giudizi (perchè di pregiudizi si trattavano) sulla nostrana Dea, antica, mediterranea, con identità originariamente indipendente da Artemide, alla quale è stata assimilata in un secondo momento, le cui armi, prima che per cacciare, servivano a difendere il suo bosco.
Sarah Perini ha fatto un lavoro spettacolare, estrapolando dal testo caratteri e peculiarità che la rendevano perfetta per seguire una traccia di ruota sul modello di quella Avaloniana.

Così Io, Sarah Perini, il mio compagno Mattia, Mirco Horvarth, Claudia Carta, Anna Bordin, abbiamo con emozione e gioia ri-chiamato pubblicamente una Diana potente e dai molteplici volti.

Questa la meravigliosa sintesi di Sarah:


Per la Celebrazione in onore dell’apertura del Convegno

Culture Indigene di Pace: Ri-Educarsi alla Partnership

Desideriamo condividere con Voi tutt*

le Invocazioni in onore della nostra italica Dea Diana,

celebrando nel contempo la fondazione del progetto di costruzione della

Ruota delle Dee Italiche e Mediterranee.

 

La Ruota di Brigit-Ana & La Ruota di Di-Ana

 

Sull’esempio della Ruota delle Dee di Britannia elaborata da Kathy Jones ed utilizzata per le celebrazioni in onore della Dea Brigit-Ana e della Dea di Avalon, Nolava, in tutte le loro otto manifestazioni incarnate dalle Dee della Ruota, abbiamo creato la Ruota di Di-Ana, la Grande Dea Diana, multiforme ma Una, largamente diffusa in tutto il Mediterraneo Antico, ma fiorita, nelle caratteristiche specifiche che abbiamo scelto per costruire la sua ruota, sul suolo italico, nell’Italia Antica.

La Ruota di Brigit-Ana e quella di Di-Ana sono ugualmente suddivise in otto raggi più al centro il nono posto attribuito alla Dea stessa nella sua manifestazione unitaria. Ogni raggio ospita uno specifico periodo dell’anno, un elemento naturale, uno degli aspetti della Dea incarnato da una Dea specifica, le caratteristiche specifiche di tale Dea, animali e piante a Lei sacre e la presenza di una sacerdotessa-divinità minore, Morgen (nella ruota di Britannia) o Ninfa (in quella di Diana).


Per questo lavoro si ringraziano: Kathy Jones, Luciana Percovich, Sarah Perini, Anna Bordin, Laura Ghianda, Claudia Carta.


I contributi per l’elaborazione di questo lavoro provengono dai testi:

Kathy Jones, La Dea nell’Antica Britannia, miti leggende, siti sacri, Ed. Psiche 2, 2013.

Momolina Marconi, Riflessi mediterranei della più antica religione laziale, Università di Milano Lettere e Filosofia (disponibile on line).


 

Ruota del Ciclo dell’Anno e delle celebrazioni:

 
 

Ruota degli Aspetti della Dea:
 






 

 


Invocazione alla Grande Dea Di-Ana Una e Multiforme:

 







Noi ti invochiamo Di-Ana

Potente Signora italica e mediterranea,

Regina Nemorum, Lucina,

Dea Una e multiforme

 

Regina del bosco e della radura sacra,

Dea del luogo chiaro, tuo altare sacro nell’oscurità del bosco

Dea dei monti, dei laghi, dei fiumi e delle sorgenti

Signora degli alberi sacri, delle pietre erette e dei recinti sacri

Con la tua fiaccola, con l’arco, la freccia e la faretra, nella notte proteggi le creature del bosco

Dea terrestre della vegetazione, delle fronde,

dei fiori e dei frutti delle piante medicinali che offri a noi nei tuoi vasi e nelle tue patere,

Dea degli animali del bosco, delle fiere, degli animali del pascolo e di quelli acquatici,

Protettrice della fecondità, dell’amore e della maternità.

 

Manifestati a noi nella totalità dei tuoi aspetti:

vergine, madre, amante, crona,

 

vieni con le tue Ninfe

Egeria colei che fa partorire e la legislatrice

e Albunea, l’oracolo, divine assistenti e compagne,

vieni con il tuo consorte Silvanus, Signore del bosco sacro.

 

Benvenuta Di-Ana!

Riempi della tua presenza il luogo sacro a te consacrato

risorgi nella tua terra sacra l’Italia

noi respiriamo la tua essenza e ti accogliamo al centro del nostro Cerchio.













Invocazione a Diana nel suo aspetto di Crona:

 







Rivolgiamoci insieme verso nord-ovest,

Noi ti invochiamo Diana la Crona,

 

manifestati a noi nella tua forma di anziana, saggia,

 

porta a noi l’esperienza, la saggezza, la guida, l’insegnamento,

la capacità di affrontare la morte e la certezza della rinascita,

insegnaci a trasformarci.

 

vieni con i tuoi animali sacri

i cani guardiani dell’Altromondo

gli uccelli notturni, il gufo, la civetta, l’allocco, il barbagianni e il cuculo,

che con il loro canto accompagnano la tua saggia supervisione dei destini degli umani,

 

vieni Anna Perenna, saggia anziana Signora del Calderone

che nutre e trasforma.

 

Benvenuta Diana la Crona!

Siamo onorati dalla tua presenza

noi respiriamo la tua essenza e ti accogliamo al centro del nostro Cerchio.




 






Invocazione a Diana dell’Aria:



 

Rivolgiamoci insieme verso nord,

Noi ti invochiamo Diana dell’Aria,

 

manifestati a noi nella tua forma di abile, veloce e fiera protettrice del bosco,

 

vola in nostro soccorso e insegnaci ad essere risoluti e pronti,

a centrare i nostri obiettivi con la freccia della volontà che tu ci insegni a direzionare,

 

vieni con i tuoi animali sacri

l’aquila, il falco, lo sparviero, l’astore, il nibbio, la poiana, l’avvoltoio capovaccaio,

e con la sacra colomba che contiene la vita.

 

vieni con le Ninfe dei venti le Eliadi

rinvigoriscici con i tuoi venti di maestrale, bora, tramontana, fohn, grecale, scirocco, libeccio

che purificano la nostra terra e ci portano chiarezza di visione ed energia spirituale.

 

Benvenuta Diana dell’Aria!

Siamo onorati dalla tua presenza

noi respiriamo la tua essenza e ti accogliamo al centro del nostro Cerchio.




 






Invocazione a Diana nel suo aspetto di Fanciulla




Rivolgiamoci insieme verso nord-est,

Noi ti invochiamo Diana Fanciulla,

 

manifestati a noi nella tua forma di vergine sacra, di amazzone,

protettrice della radura e dell’hortus conclusus, Mater herbarum,

giovane guaritrice, conoscitrice delle piante medicinali,

tu che ridoni la vita al tuo consorte con l’acqua di vita e le erbe salutari del tuo giardino segreto,

 

porta a noi la guarigione, l’insegnamento, le arti, la scrittura,

 

vieni con i tuoi animali sacri

il picchio, Picus, conoscitore delle erbe e dei misteri

il lupo, il serpente, il cigno, la mucca bianca e la cerbiatta bianca,

con i tuoi fiori sacri il giglio, il papavero, il loto, le campanule

con le piante di guarigione e delle partorienti la peonia e l’artemisia,

con gli alberi sacri l’alloro, la quercia, il melo

vieni con il tuo scettro fiorito e con i tuoi rami carichi di frutti,

 

vieni con la Ninfa Feronia conoscitrice del bosco e delle magie delle erbe.

 

Benvenuta Diana Fanciulla!

Siamo onorati dalla tua presenza

noi respiriamo la tua essenza e ti accogliamo al centro del nostro Cerchio.






 






Invocazione a Diana del Fuoco:



 
Rivolgiamoci insieme verso est,

Noi ti invochiamo Diana del Fuoco,

 

manifestati a noi nella tua forma di Torcia infuocata che illumina l’oscurità del bosco,

Diana Lucina, Dea del luogo chiaro nel bosco che ospita il tuo altare,

Dea Lucifera tu che ti aggiri con la fiaccola nelle ore notturne per vigilare sulle tue creature,

tu che con la tua fiamma trasformi ed esorcizzi

tu che diffondi fecondità con la fiamma e le saette generatrici di vita,

 

accendi nel nostro cuore la fiamma della vitalità e della creatività,

insegnaci a proteggerci e proteggere

 

 

vieni con i tuoi animali sacri

le creature della selva,

l’orsa, la cerva, lepri e conigli, scoiattoli

 

vieni con la Ninfa Lucina che custodisce il tuo sacro fuoco.

 

Benvenuta Diana del Fuoco!

Siamo onorati dalla tua presenza

noi respiriamo la tua essenza e ti accogliamo al centro del nostro Cerchio.



 






Invocazione a Diana nel suo aspetto di Amante:


Rivolgiamoci insieme verso Sud Est,
 

Noi ti invochiamo Diana l’Amante,

manifestati a noi nella tua forma di giovane e potente amante,

 

porta a noi la passione, la vitalità, la sessualità libera, la musica, la danza, la gioia,

 

vieni con i tuoi animali sacri

il cervo e il cavallo,

fai condurre dai tuoi paredri e amanti, Virbius e Silvanus

i sacri cavalli che loro allevano e custodiscono per te,

vieni a noi nuda e velata con la tua triplice corona,

vieni al galoppo sulla tua cavalla che si impenna,

vieni con la tua lunga torcia fuoco di passione sul tuo cavallo in corsa,

 

vieni protettrice dell’amore e delle coppie umane ed animali,

della fecondità e della gioia di vivere.

 

Vieni con le Ninfe Menadi a celebrare le passioni.

 

Benvenuta Diana l’Amante!

Siamo onorati dalla tua presenza

noi respiriamo la tua essenza e ti accogliamo al centro del nostro Cerchio.




 






Invocazione a Diana dell’Acqua:





Rivolgiamoci insieme verso sud,

Noi ti invochiamo Diana dell’Acqua,

 

manifestati a noi nella tua forma di

Signora del Lago,

Dea dei laghi boschivi, dei fiumi e dei ruscelli, delle cascate

delle fonti di guarigione

Signora dei mari e del Mediterraneo,

 

aiutaci a fluire nella corrente della vita e delle emozioni,

 

vieni con i tuoi animali sacri

l’oca selvatica, l’anatra, il martin pescatore, il gabbiano

la sacra tortora,

 

vieni con la tua Ninfa Egeria, che vigila sull’acqua dei ruscelli ai piedi delle querce,

Signora delle partorienti

che aiuta le donne a dare la vita nella fluidità dell’elemento acquatico.

 

Benvenuta Diana dell’Acqua!

Siamo onorati dalla tua presenza

noi respiriamo la tua essenza e ti accogliamo al centro del nostro Cerchio.


 






Invocazione a Diana la Madre:









 

Rivolgiamoci insieme verso Sud- Ovest

Noi ti invochiamo Diana la Madre,

 

manifestati a noi nella tua forma di
Dea Dia, Dea del grano

Signora dei campi coltivati,

dei recinti e dei luoghi protetti dove i frutti della natura possono crescere abbondanti

Dea tutrice della fecondità e della maternità,

 

rendi le nostre azioni fruttuose, donaci l’abbondanza

insegnaci la cura, il rispetto la generosità

 

vieni con i tuoi animali sacri

i cervi, la mucca, le capre e le pecore, il cavallo e l’asino

 

vieni con la Ninfa Agrostina, Signora dei campi

 

Benvenuta Diana la Madre!

Siamo onorati dalla tua presenza



 
noi respiriamo la tua essenza e ti accogliamo al centro del nostro Cerchio.




 




Invocazione a Diana della Terra:




Rivolgiamoci insieme verso Ovest

Noi ti invochiamo Diana della Terra,

 

manifestati a noi nella tua forma di

Regina Nemorensis

Signora dell’Albero Sacro e del sottobosco,

Pietra eretta, Colonna di vita, Omphalos,

 

insegnaci il radicamento e la capacità di entrare nel profondo del tuo grembo

e di noi stesse-i e ascoltare la tua voce

 

vieni con i tuoi animali sacri

la volpe, il cinghiale, lo scoiattolo, il riccio, il tasso, la talpa, i rettili, gli insetti

 

vieni con le Ninfe Driadi delle querce, le Oreadi dei monti e le Aldeidi dei boschi

 

Benvenuta Diana della Terra!

Siamo onorati dalla tua presenza

noi respiriamo la tua essenza e ti accogliamo al centro del nostro Cerchio.